in merito a ragioni storico-economico-sociali sia in campo
nazionale che europeo.
Discuterne
servirà senz’altro a chiarirci le idee, a motivare le nostre
perplessità, ad individuare possibili responsabilità e ad
indirizzarci verso soluzioni consone.
L’emergenza
"migrazione" divide l’opinione pubblica, ma soprattutto ci
sconvolge nel nostro interiore perché produce in tutti noi conflitti
e contraddizioni.
Siamo confusi e
invasi da sentimenti contrastanti: di compassione, solidarietà, di
accoglienza da una parte; di opposizione, di respingimento e di
rifiuto dall’altra.
Da un lato la
compassione per questi profughi e per questi clandestini che
affrontano il "viaggio della speranza" (tra virgolette in
quanto è più che altro il viaggio della disperazione), nel limite
dell’impossibile, in barconi fatiscenti che spesso non riescono a
raggiungere le nostre coste e che finiscono in fondo al mare con il
loro "prezioso" carico di uomini, donne, bambini senza un
nome, senza un oggi, senza un domani (saranno forse ricordati solo
dal numero di morti).
Infatti, i loro
sogni spesso non raggiungono la meta, le loro speranze si spengono
là dove sono iniziate o appena approdano sulla nostra terra per
essere rispediti alla loro patria.
Delusioni su
delusioni, amarezze su amarezze per un popolo che parte già ultimo,
già escluso, già rifiutato, per uomini che si aggrappano alla vita e
alla ricerca di una dignità che sentono di non possedere, per donne
senza un nome e senza un valore, per bambini che hanno visto appena
la luce del sole, se mai sono giunti a vederla.
D’altra parte
siamo invasi dalla paura dell’altro, dello "straniero" che ci
può prevaricare se gli diamo spazio, che può toglierci ciò che
abbiamo conquistato con fatica, che può destabilizzare la nostra
quotidianità, la nostra sicurezza sociale, la nostra "identità
storico-culturale" .
Ed allora eccoci
pronti ad ergere "mura" che pensiamo essere di difesa, ma che
invece dividono ancora di più, separano, allontanano e non ci
permettono di accogliere nel giusto modo colui che viene a noi
inerme, debole ed indifeso.
Il Vangelo
promulga la fratellanza universale, l’eguaglianza del popoli (Galati
3:28), il rispetto della dignità umana, la solidarietà, l’aiuto
reciproco. Ci suggerisce tra l’altro di non aver altro debito verso
i nostri simili se non quello dell’amore
(Romani 13:8).
Amare significa:
accoglienza, solidarietà, compassione, fratellanza.
Il Vangelo si
vive a fatti non a parole. È vero, è difficile mettere in pratica
l’amore verso il nostro prossimo di cui ci parla Gesù, ma dobbiamo
almeno provarci, non possiamo rimanere insensibili e indifferenti
davanti a tanta disperazione, a tanto dolore.
Quando pensiamo
che Dio è imparziale sbagliamo, perché il Signore è invece "di
parte" in quanto si schiera dalla parte dei più deboli, degli
emarginati, degli esclusi, degli ultimi.
Le parole del
nostro Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ci sono di
sprone:
<< Di fronte alla
tragedia dei tanti migranti inghiottiti dal mare, l’indifferenza è
un rischio da scongiurare e per questo occorre reagire
moralmente e politicamente. >> e ancora continua << chi
quotidianamente organizza la partenza dalla Libia, su vecchie
imbarcazioni ad alto rischio di naufragio, di folle disperate di
uomini, donne, bambini,